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Le preoccupazioni del settore pneumatici in tempo di crisi – Intervista a Fabio Bertolotti, Assogomma

Giovedì della settimana scorsa l’Assemblea della Federazione Gomma Plastica ha presentato i dati delle rilevazioni del Centro Studi Confindustria, da cui emergono forti preoccupazioni sui costi dell’energia e su quelli delle materie prime, la cui incidenza è più che raddoppiata sul totale di quelli di produzione nei settori della gomma e della plastica (+105%). Questi rincari sono dovuti al contesto internazionale e rischiano di mettere in seria difficoltà due comparti, che sino ad oggi si sono mostrati solidi, impiegando oltre 140 mila addetti e raggiungendo nel 2021 un fatturato complessivo di oltre 23 miliardi di euro ossia l’1,3% del PIL italiano.

Per comprendere quanto e come questi dati impattino sul settore dei pneumatici, abbiamo parlato con Fabio Bertolotti, direttore di Assogomma.

Le preoccupazioni espresse dalla Federazione, a cui aderisce Assogomma, soprattutto relativamente ai possibili fermi di produzione e alla contrazione della marginalità, sono riferibili anche ai produttori di pneumatici?

Le preoccupazioni per i prezzi e per la disponibilità delle materie prime non vi è dubbio alcuno che affliggano anche il settore della gomma, nel suo complesso, ed i pneumatici, nel particolare. Il problema nasce dagli aumenti di prezzo che sono avvenuti nel corso di tutto l’anno scorso e che continuano anche quest’anno. Gli aumenti sono però solo una componente del problema, a cui si aggiunge la difficoltà nel reperire la materia prima, aggravata conflitto Russia-Ucraina, che coinvolge anche la Bielorussia. In questi Paesi ci sono infatti importanti produttori di materie prime che sono strategiche per il comparto della gomma.

Quali sono le materie prime strategiche a rischio per la produzione dei pneumatici?

In primo luogo il carbon black o nero di carbonio, di cui il 37% dei consumi europei proviene proprio dalla Russia. Ci troviamo in una situazione di estrema difficoltà nel reperire questa componente essenziale, perché, nonostante sia ancora consentito importarla, sono evidenti le tensioni, gli aumenti e l’incertezza sulle consegne future. Tra l’altro il nero di carbonio non è un prodotto fungibile, ossia facilmente sostituibile, perché ogni produttore ha materiali merceologicamente conformi ai diversi gradi, ma con caratteristiche diverse a seconda dell’impianto nel quale vengono realizzati.. Pertanto, cambiare produttore o semplicemente cambiare impianto di produzione, significa dover intervenire sulla formulazione della ricetta con cui viene realizzata quella mescola.

C’è poi lo steel cord, il rinforzo metallico dei pneumatici, che oltre ad avere la difficoltà di reperibilità, visto che oltre il 40% arriva dalla Bielorussia, presenta un problema ancor più grave, perché a partire dall’inizio di questo mese ne è vietata l’importazione in tutta la UE. Per la “cordicella” c’è anche una situazione di sostanziale monopolio, che riduce la competitività creando una situazione particolarmente critica. In buona sostanza, venendo a mancare la fonte bielorussa, siamo costretti spostare i nostri approvvigionamenti in Paesi molto lontani. Questo comporta costi aggiuntivi, oltre all’incertezza sulla tempestività delle forniture che può non essere compatibile con le esigenze produttive.

Queste sono due principali materie prime strategiche, ma poi ci sono criticità anche per alcune gomme sintetiche che importiamo dagli stessi Paesi.

I costi della produzione e del trasporto sono cresciuti enormemente. Gli aumenti dei listini applicati nei mesi scorsi saranno sufficienti a coprire la differenza?

I prezzi delle materie prime a fine maggio, rispetto a dicembre 2021, hanno avuto incrementi esasperati: gomme sintetiche +30%, gomme naturali +27%, carbon black +30%, silice amorfa precipitata +40%, oli paraffinici +50%, rinforzi tessili/metallici +50%, zolfo per la vulcanizzazione +60%, ecc.

A questo si aggiunge l’enorme aumento dei costi energetici, che hanno avuto, a seconda dei contratti, aumenti del 300-500% con ricadute pesanti su produzione e trasporti.

È vero che i listini dei produttori di gomme sono aumentati nei mesi passati, ma credo che nessuno sia stato capace di trasferire a valle quelli che sono gli aumenti di costi dell’anno passato e di quello in corso. Solo pensando agli input, gli aumenti attuali incidono mediamente sul prodotto finito per circa il 25%.

Gli incrementi dei vari costi non sono stati trasferiti in toto, a valle, ma solo in parte. Questo significa che i fatturati aziendali aumentano, dando l’impressione di una situazione di benessere del settore, mentre è vero esattamente il contrario: i fatturati aumentano, ma le marginalità si riducono. In questo momento, le imprese devono fare grande attenzione a non concentrarsi solo sul fatturato, ma a tenere in debita considerazione la contrazione della marginalità, che porta una serie di effetti negativi tra cui la riduzione degli investimenti e della ricerca.

Ci dobbiamo aspettare ulteriori aumenti, quindi, ma c’è anche il rischio di fermi produttivi?

Nessuno ha la sfera di cristallo, ma pensare a ulteriori aumenti, se le cose non cambieranno, è scontato. Né possiamo escludere che ci possano essere anche dei fermi produttivi, nel momento in cui le materie prime non dovessero arrivare. Faccio ancora l’esempio dello steel cord, che per il 40-50% dei consumi europei arrivava dalla Bielorussia, mentre adesso ci dobbiamo rivolgere a Paesi terzi lontani, come la Cina, che hanno ancora seri problemi legati al Covid ed una economia al momento non brillante. Se i porti e le navi che partono dalla Cina si dovessero bloccare, come pure se il mercato interno cinese dovesse riprendere, è logico prevedere una riduzione dei flussi delle loro esportazioni verso la UE che potrebbe mettere a rischio le nostre attività. Sono poche le aziende di pneumatici che hanno una auto-produzione di steel-cord, le altre lo acquistano da soggetti terzi.

Che reazione si aspetta da parte del mercato e del consumatore finale per la prossima stagione invernale?

Certamente gli aumenti non fanno piacere a nessuno. Il pneumatico, poi, rispetto ad altri prodotti ha il difetto che non muore, nel senso che, anche quando ha finito la sua vita, cioè ha uno spessore sotto 1,6 mm di battistrada, è purtroppo ancora in grado di far circolare un veicolo anche se non conforme a termini di legge. Cosa che non accade con il cibo o con la benzina, ad esempio, che, quando sono finiti, sono davvero finiti.

Cosa succederà sul mercato? Assogomma, il 14 luglio, presenterà i risultati dei controlli dello storico progetto Vacanze Sicure e da lì vedremo qual è oggi la situazione del parco circolante italiano. I dati relativi a ben 12-15.000 controlli sono ancora in elaborazione, in questo momento, ma la sensazione dei responsabili della Polizia Stradale è che, nonostante il miglioramento dei veicoli e dei sistemi di sicurezza, il numero di incidenti con morti e feriti, sia in crescita quest’anno rispetto al periodo precedente la crisi sanitaria (ndr. il progetto si è interrotto per due anni, causa pandemia).

Spero di sbagliarmi, ma sono convinto che troveremo statistiche uguali e forse addirittura peggiori rispetto al 2019, per la semplice ragione che le vetture e i veicoli gommati in generale, ci hanno consentito la mobilità quando non era possibile ricorrere ad altri mezzi, come aerei o treni. La tanto criticata vettura, quindi, ci ha davvero permesso, in un momento estremamente critico, di spostarci e vivere. Nel frattempo, però, molti hanno perso il lavoro e si trovano ad affrontare una situazione economica problematica, per cui non hanno la disponibilità per effettuare il cambio gomme.

Potrebbe tornare attuale la proposta del bonus gomme?

Il governo sta dando incentivi a tutti, a pioggia. Io non capisco perché non si includa anche tra i beneficiari l’autoriparazione. La mia personale valutazione è che, se una persona ha un veicolo che ha più di 10 anni di vita – e parliamo di oltre la metà del parco circolante in Italia – non è per scelta, ma per necessità, perché semplicemente non ha i soldi per sostituirlo. Visto che sono tanti, oggi, a non avere la possibilità di acquistare un veicolo nuovo, sarebbe utile e conveniente per l’intera collettività che avessero almeno i mezzi per una corretta manutenzione. Veicoli vecchi, ma in ordine, eviterebbero incidenti – anche gravi – ai possessori, ma anche danni e problemi agli altri cittadini. Avremmo inoltre un risparmio di carburante, particolarmente significativo con i prezzi attuali, e una minore emissione di polveri sottili, CO2, ecc.

Il nostro Governo, si è impegnato a prevedere incentivi sui pneumatici, e, secondo me, è ora il momento per farlo senza esitazioni. Davvero mi auguro che lo prevedano nei provvedimenti che si andranno a realizzare nel prossimo futuro, perché è nell’interesse della collettività in quanto si avrebbero effetti positivi su sicurezza stradale e sanità, due tra le principali voci di spesa del nostro bilancio italiano.

Del resto, il Codice della strada attribuisce nei fatti a tre dispositivi un ruolo fondamentale per la sicurezza stradale: pneumatici, freni e cinture di ritenzione. Infatti, le sanzioni, in caso di non conformità di questi prodotti, sono al triplo rispetto a tutte le altre. Questo conferma ulteriormente quanto sia determinante il pneumatico per la sicurezza stradale. Visto che la consapevolezza, da parte del legislatore, c’è da tempo, sarebbe opportuno fare un passo avanti e concedere alle persone, che hanno scarsa disponibilità per cambiare la vettura, delle forme di incentivazione per cambiare le gomme, perché il comportamento di un veicolo dipende strettamente dall’efficienza delle gomme.

Pensando ad una vettura, il pneumatico non è certamente uno dei primi dispositivi che vengono in mente ad un automobilista, tuttavia vi è la consapevolezza che sia un prodotto fondamentale per i nostri spostamenti e merita quindi la giusta attenzione. Così come merita attenzione la filiera, lunga e complessa, che coinvolge non solo i produttori di pneumatici, ma anche importatori, distributori, diffusori, rivenditori, ricostruttori, raccoglitori di PFU, consorzi, riciclatori, insomma migliaia di imprese e di persone che lavorano attorno ad un prodotto essenziale per la nostra vita quotidiana.